Articolo a cura di Simona Bizzarri.
Referente regionale per la Campania e la Basilicata.
Per il primo appuntamento con l’eccellenze enologiche in terra campana, ci dedichiamo per la prima recensione ai vini bianchi, dove le denominazioni di Fiano di Avellino e Greco di Tufo, la fanno da padrone. Mentre vi raccontiamo i risultati di questa prima sessione, la nostra squadra è già al lavoro con gli assaggi dei primi vini già arrivati in sede e che riguardano più da vicino quelli inerenti l’annata 2009. E presto ve ne renderemo conto…
Buona lettura!
Per prima cosa la solita piccola legenda su come orientarsi nei nostri articoli. Al primo punto troverete la graduatoria finale che è scaturita al termine delle nostre sessioni, visualizzando i soli punteggi. Tale graduatoria è suddivisa prima di tutto per tipologia e poi per punteggio. In caso di medesima valutazione, si segue il classico ordine alfabetico riferito ai produttori.
In rosso sono segnalati i vini che hanno ricevuto il premio speciale, dato all’unanimità dal nostro panel, ovvero l’ Altissimo Ceto. Accanto al vino troverete la categoria di riferimento al prezzo che potrete trovare indicativamente sullo scaffale di un’enoteca.
Al secondo punto, sarà ripresa la medesima graduatoria, questa volta integrata con relativa foto all’etichetta e le note di degustazione. Ai nomi di ciascun produttore è “linkata” la propria scheda aziendale. Cliccandoci sopra, potrete accedere a dati, recapiti e le corrispondenti schede tecniche. Tutto questo al fine di avere il massimo delle informazioni relative al vostro vino interessato. Al terzo punto vengono inserite ogni volta, le considerazioni finali emerse e che sono state espresse sempre dal nostro panel al termine di ogni sessione.
1) LA GRADUATORIA:
I Fiano di Avellino:
92/100 – Fiano di Avellino Exultet Quintodecimo 2007 (Cat. F)
88/100 – Fiano di Avellino Colli di Lapio 2007 (Cat. B)
88/100 – Fiano di Avellino Campore Terredora 2008 (Cat. B)
88/100 – Fiano di Avellino Vigna della Congregazione Villa Diamante 2007 (Cat. C)
87/100 – Fiano di Avellino Tenute di Altavilla Villa Matilde 2008 (Cat. A)
87/100 – Fiano di Avellino Villa Raiano 2008 (Cat. A)
86/100 – Fiano di Avellino Béchar Cantine Antonio Caggiano 2008 (Cat. B)
86/100 – Fiano di Avellino Vigna della Congregazione Villa Diamante 2005 (Cat. C)
85/100 – Fiano di Avellino Di Meo 2008 (Cat. A)
85/100 – Fiano di Avellino Ripa Alta Villa Raiano 2007 (Cat. B)
83/100 – Fiano di Avellino Benito Ferrara 2008 (Cat. C)
82/100 – Fiano di Avellino Colle di San Domenico 2008 (Cat. A)
81/100 – Fiano di Avellino Pietracalda Feudi di San Gregorio 2008 (Cat. B)
80/100 – Fiano di Avellino Donna Chiara 2008 (Cat. A)
I Greco di Tufo:
91/100 – Greco di Tufo Giallo d’Arles Quintodecimo 2007 (Cat. F)
88/100 – Greco di Tufo Vigna Cicogna Benito Ferrara 2008 (Cat. C)
85/100 – Greco di Tufo Novaserra Mastroberardino 2008 (Cat. A)
85/100 – Greco di Tufo Tenute di Altavilla Villa Matilde 2008 (Cat. A)
85/100 – Greco di Tufo Villa Raiano 2008 (Cat. A)
83/100 – Greco di Tufo Devon Cantine Antonio Caggiano 2008 (Cat. B)
83/100 – Greco di Tufo Di Meo 2008 (Cat. A)
82/100 – Greco di Tufo Colle di San Domenico 2008 (Cat. A)
82/100 – Greco di Tufo Donna Chiara 2008 (Cat. A)
81/100 – Greco di Tufo Cutizzi Feudi di San Gregorio 2008 (Cat. B)
Gli IGT ed altre eccellenze regionali:
89/100 – Costa d’Amalfi Bianco Furore Fiorduva Marisa Cuomo 2007 (Cat. F)
87/100 – Costa d’Amalfi bianco Furore Marisa Cuomo 2008 (Cat. B)
86/100 – Falerno del Massico bianco Caracci Villa Matilde 2006 (Cat. B)
83/100 – Coda di Volpe d’Irpinia IGT Di Meo 2008 (Cat. A)
83/100 – Cilento Fiano Donnaluna De Conciliis 2008 (Cat. A)
83/100 – Irpinia Bianco IGT Campanaro Feudi di San Gregorio 2008 (Cat. C)
81/100 – Campania Greco IGT Due Chicchi Benito Ferrara 2008 (Cat. A)
80/100 – Costa d’Amalfi Ravello Marisa Cuomo 2008 (Cat. B)
79/100 – Beneventano Falanghina IGT Donna Chiara 2008 (Cat. A)
79/100 – Sannio Falanghina Serrocielo Feudi di San Gregorio 2008 (Cat. B)
78/100 – Terre del Volturno IGT Pallagrello bianco Viticoltori del Casavecchia 2008 (Cat. A)
I prezzi sono indicati per categorie in funzione della variabilità che potete trovare da enoteca ad enoteca:
Categoria A Fino a 14,00
Categoria B Tra Euro 12,00 e 17,00
Categoria C Tra Euro 15,00 e 20,00
Categoria D Tra Euro 18,00 e 25,00
Categoria E Tra Euro 23,00 e 30,00
Categoria F Tra Euro 28,00 e 50,00
Categoria G Tra Euro 45,00 e 70,00
Categoria H Oltre i Euro 70,00
2) LE NOTE DI DEGUSTAZIONE:
I Fiano di Avellino:
92/100 – Fiano di Avellino Exultet Quintodecimo 2007 (Cat. F)
Altissimo Ceto.
Nessun timore da parte nostra ad affermare che il Fiano di Avellino, rappresenti a tutti gli effetti, uno dei più importanti vini bianchi del panorama italiano e parlando in un’ottica disegnata dalle sue mille particolarità e sfaccettature, anche di quello mondiale. Pur consapevoli che molti non saranno d’accordo. Anche se basterebbe impugnare il cavatappi e stappare una delle poche bottiglie di questa produzione confidenziale prodotte da Luigi Moio per capire ed essere concordi con noi. Consapevoli anche che il prezzo di tale “sforzo”, non passerebbe del tutto inosservato. Ed è un gioco troppo complicato dire, se tutto questo po’ po’ di roba, li vale tutti fino all’ultimo Euro, molto più facile asserire che l’Exultet, oggi, rappresenta il meglio di quello che si può trovare in giro. E scorrendo la lista, vedrete che le etichette di eccellenza non mancano. Un’aspetto altrettanto importante, è che il bicchiere sarà veicolo di emozioni che andranno dritto al vostro cervello, passando dal cuore, partendo dalla luminosità appariscente che trasmette il suo colore giallo dorato intenso. Un naso con una complessità incredibile ed infinita, dove staccano note di tartufo bianco che ci lasciano sedotti, unite a quelle di fiori di camomilla, miele millefiori e con una mineralità espressa su alti livelli di finezza. La bocca non ci delude assolutamente, anzi… entra in maniera avvolgente, coinvolgendo tutti i sensi e si allarga, dando fondo a note burrose e minerali. Ma la componente che gli conferisce eleganza e serbevolezza, è sicuramente l’acidità, che viene fuori dopo pochi secondi e che si armonizza in maniera perfetta con il corpo del vino. Legno perfettamente integrato e grande, grandissima, enorme piacevolezza. Sia nella beva che in quella goduriosa!
88/100 – Fiano di Avellino Colli di Lapio 2007 (Cat. B)
Altissimo Ceto.
Per chi è alla ricerca ormai da qualche anno delle eccellenze campane, molto probabilmente il nome della brava Clelia Romano non suonerà sicuramente come una novità. Peccato che invece rimanga ancora sconosciuto a molti, anche se, con un pizzico di invidia (e non ce ne vorrà la produttrice…), a noi va’ bene così. Ogni anno il Fiano di Avellino Colli di Lapio, riesce ad esprimere un carattere tutto particolare, in piena sintonia con il territorio e del micro-clima da cui proviene, sicuramente uno dei più validi di tutta la denominazione. In assaggio avevamo l’annata 2007, che trasmette in maniera veritiera e totalmente autentica, il valore dell’annata. Rispetto a quella che l’ha preceduta è caratterizzata da un’indice di maturità del frutto più caldo e più maturo. Perde qualcosina sul piano del dinamismo, ma ne guadagna sulla compattezza e sulla solidità. Venature soffuse e complesse di frutta agrumata ed esotica, con quel timbro minerale che non deve mai mancare, così come dichiara “presente!”, la grande finezza di un vino della Romano. Al palato, scorre via in maniera suadente, sempre vigile ed attenta è la freschezza e la sapidità, mentre con la medesima grazia, scivola via in un finale tutto da scoprire. Ad ogni sorsata.
86/100 – Fiano di Avellino Campore Terredora 2008 (Cat. B)
Una delle aziende più grandi della Campania, di proprietà della famiglia Mastroberardino e che nonostante i suoi 150 ettari vitati, riesce a creare il giusto mix tra territorio e tecniche di cantina riuscendo ad ottenere grandi risultati. E non stiamo parlando assolutamente di vini “costruiti” per piacere o per accontentare una certa fascia di mercato, ma di un lavoro volto ad impiegare l’innovazione al servizio delle uve stesse. E del territorio di origine. Questo Fiano è la massima espressione aziendale per questo vitigno e si presenta con un bellissimo colore oro pieno, dato dalla concentrazione, dal passaggio in barrique, ma anche dalla surmaturazione dell’uva. Nonostante il legno i profumi sono freschi con note di cedro, fiori bianchi assieme alla mandorla tostata che danno vita ad un bouquet di grande eleganza. In bocca dimostra ancora gioventù, dove una nota “dolce” tesa ad accentuare la morbidezza, deve ancora integrarsi perfettamente. C’è dello spessore sostenuto da molta freschezza. Armatevi di pazienza perchè in questo momento avete ancora un’orchestra dove il suono non ha raggiunto i massimi livelli melodiosi orchestrati da tutti i componenti. E presto vi racconteremo anche le “melodie” delle nuove annate degli altri vini bianchi di questa prestigiosa maison.
88/100 – Fiano di Avellino Vigna della Congregazione Villa Diamante 2007 (Cat. C)
Certe volte, il percorso che porta a fissare un punteggio al vino degustato, si dimostra difficoltoso ed impervio. Per non parlare di quello gravoso che, una volta stabilito, per alcuni potrà risultare troppo basso, mentre per altri gli potresti dare la sensazione di essere stati di manica larga. Nulla toglie che il Vigna della Congregazione di Maria Renna Diamante e Antoine Gaita sia un vino unico nel suo genere, diverso e fortemente personalizzato, non solo dalle caratteristiche del terroir di questa vigna, ma anche per la sua filosofia di produzione che lo porta ad un livello di esaltazione dato dall’affinamento sui lieviti dal lungo periodo. Un vino per palati forti ci verrebbe da dire, o quantomeno per persone che abbiano voglia di impiegare il loro tempo come se fosse la lettura di un libro impegnativo. Ci vuole concentrazione, tempo e tanta predisposizione a coglierne le sue sfumature che vengono messe in rilievo solo dopo un’adeguata ossigenazione. Sembrerà strano per un vino del 2007, parlare di un vino giovane, ancora da sbocciare. Quindi armatevi di pazienza dimenticandolo in cantina e se proprio dovete impugnare il cavatappi, fatelo con cognizione di causa. Il nostro percorso ci ha portato a premiarlo per questa sua forza di essere terribilmente unico, il suo spessore, la sua grinta e la determinazione, salvo l’impedimento che non gli ha permesso di spiccare il volo oltre la soglia dei 90 per alcune complicazioni, probabilmente dovuti a certi aspetti dell’annata calda, che lo hanno estremizzato in una caratterizzazione nel frutto molto evidente con note di frutta matura dalle tonalità molto forti. Mentre al palato, la spina dorsale acido-sapida, non ha trovato (ancora?) il giusto punto di equilibrio e di sostegno con gli altri elementi.
87/100 – Fiano di Avellino Tenute di Altavilla Villa Matilde 2008 (Cat. A)
Villa Matilde è un’azienda radicata nel territorio campano sin dal 1960. Da molti anni, rappresenta un simbolo della viticoltura regionale, basata molto sull’affidabilità e sulle garanzie che danno sicurezza, in chi stappa una loro bottiglia, della quale difficilmente ne resterà deluso. Certo, non chiedetegli le ricchezze e le espressività caratteriali, dei campioni descritti sopra, ma rimangono degli splendidi esempi anche in virtù del prezzo di proposta. Capace di accontentare anche delle schiere di fan, molto più ampie e meno di nicchia. Bella intensità cromatica, naso molto elegante con apertura floreale di fiori di zagara e poi, con una scansione netta e definita, note agrumate, pesca bianca matura, cipria, miele d’acacia e con una bellissima finezza che completa e chiude il quadro olfattivo. In bocca viene fuori tutta l’eleganza e la personalità intrinseca del vitigno. Morbidezza, buon tenore alcolico supportato da un ottimo estratto e bella sapidità che bilancia insieme alla freschezza le parti morbide in maniera egregia. Vino che possiamo definire già equilibrato, con una bella pulizia di bocca e una piacevole nota di frutta matura in chiusura. Averne…
87/100 – Fiano di Avellino Villa Raiano 2008 (Cat. A)
Ancora un vino creato da Luigi Moio e ancora una grande espressione del territorio e dell’eleganza del vitigno. Un vino con note floreali in apertura di naso e, in successione, pera Williams, agrumi e una bella finezza nel finale. In bocca entra setoso, avvolgente, pur dimostrando un carattere un po’ nervosetto, con una freschezza acido/sapida decisa che entra in scena e che ci accompagna in maniera intrigante, fino in chiusura. Dimostra di avere ancora delle lacune per un’amalgama di elementi, non ancora completato. Ma le potenzialità ci sono tutte, così come le nostre certezze per vederlo in prospettiva.
86/100 – Fiano di Avellino Béchar Cantine Antonio Caggiano 2008 (Cat. B)
Garanzia ed affidabilità, in aggiunta alla giusta personalità, sono alla base di ogni versione del Béchar di Antonio Caggiano e di suo figlio Giuseppe. Colore scarico di una veste giallo paglierino con riflessi dorati, luminoso e rassicurante alla vista. Un naso di media intensità, ma decisamente prolungato ed elegante con note floreali, fruttate, minerali, di erbe aromatiche e lievi note di vaniglia, piacevolmente integrate e mandorle tostate che sono la conferma di un breve passaggio in legno. All’esame gustativo l’ingresso è morbido e avvolgente, con buona freschezza e altrettanta sapidità, lieve tostatura nel finale e una nota pseudocalorica in evidenza, che non appesantisce la beva e che probabilmente in evoluzione, si integrerà perfettamente nel vino. Il consiglio è quello di abbandonarlo ancora qualche mese in cantina, ma state tranquilli, qualora siate in previsione di stapparlo entro breve, in quanto avrete sicuramente tutte le carte in regola per apprezzare l’eleganza di un grande Fiano. E di una grande azienda.
86/100 – Fiano di Avellino Vigna della Congregazione Villa Diamante 2005 (Cat. C)
Il fatto di assaggiare il Vigna della Congregazione in una sessione comparativa con due anni in più di affinamento rispetto al fratello descritto qualche riga sopra, porta sicuramente un vantaggio nella chiave di lettura del potenziale aromatico e retro-gustativo che possiede. Un vino decisamente di struttura, caratteriale come suo solito, anche se non possiede la stessa grinta e lo spessore della 2007. Molto più agevole anche al palato, che mostra una maggiore linearità gustativa in un quadro sicuramente meno ricco ma comunque di forte appeal.
85/100 – Fiano di Avellino Di Meo 2008 (Cat. A)
E’ un vino molto particolare, il Fiano dei fratelli Di Meo. Mostra un carattere da Audrey Hepburn in “Colazione da Tiffany”, con quell’approccio fine, elegante e molto affascinante. E quando poi incominci a prendere un po’ di confidenza con il bicchiere, ecco che sprigiona tutto il suo carattere, la sua grinta, senza uscire dagli schemi. Il naso è accattivante e di bella complessità, con sfumature agrumate, di camomilla, grandi note floreali e con una chiusura che ci rimanda al miele d’acacia. In bocca si rivela con grande coerenza, equilibrio ed una discreta persistenza, con quel timbro acido-sapido integrato ad una mineralità davvero piacevole.
85/100 – Fiano di Avellino Ripa Alta Villa Raiano 2007 (Cat. B)
Uno stacco che ci sta’ tutto. Che segna un nostro minore apprezzamento del Ripa Alta 2007, se paragonato alla versione “classica” targata 2008 sempre di Villa Raiano. Lo spessore ed il carattere del vino in oggetto, sono sicuramente più evidenti, ma quello che ci ha fatto sorgere alcune perplessità, riguardano i suoi tratti caratteriali un po’ appesantiti che lo hanno segnato nel corso della degustazione. Talvolta le tonalita ricche, mielose e complesse non soddisfano appieno gli equilibri e non vanno a braccetto con quello che sono i dinamismi da riscontrare in un Fiano di carattere. Entra sicuramente in gioco il fattore annata, che nel caso di una 2007, può raccontare tanto cose belle che sono comunque piacevoli da ascoltare in un vino come questo, ma la sinfonia orchestrale si fa meno “melodiosa”, visto che diventa suonata da molti strumenti dalla cadenza importante. Decisamente più scattante al palato, con l’acidità che tiene ben salda la spina dorsale del vino.
83/100 – Fiano di Avellino Benito Ferrara 2008 (Cat. C)
Un Fiano di Avellino dall’approccio quasi “Moselliano” oseremo dire, tutto giocato sulla verve, la grinta, il grande apporto acido-sapido e quella mineralità “ardesizzante”, che non mancano nei vini di questa azienda. Un vino che avrebbe bisogno di una buona dose di letargo in bottiglia, prima di assaporarlo con qualche morbidezza in più, a meno che non siate dei fanatici dei vini che corrono sulle lame di un rasoio. Il profilo olfattivo agrumato e citrino è alternato da un grande bagaglio aromatico floreale molto delicato, senza parlare di tutte quelle note in perfetta coerenza con il vitigno. Al palato è, come dicevamo, grintoso, teso e comunque tende a farsi largo una bella materia di base, sostenuta alla grande da un’acidità determinata e che non vuole farsi di certo dimenticare.
82/100 – Fiano di Avellino Colle di San Domenico 2008 (Cat. A)
Azienda in sicura crescita, bisognosa di acquisire dei caratteri di personalità e dinamismo a quanto già riescano esprimere sul piano del legame territoriale. Convincente e compatto il profilo olfattivo, pur caratterizzato da un indice di maturità del frutto piuttosto spinto che lascia trasparire sentori che portano verso l’esotico che tendono a frenare il carattere minerale, per riuscire ad ottenere maggiore impatto ed appeal sul piano della finezza. Coerenza gustativa con maggiore grinta per quanto riguarda la freschezza.
81/100 – Fiano di Avellino Pietracalda Feudi di San Gregorio 2008 (Cat. B)
Abbiamo quasi la sensazione che siamo di fronte ad uno stravolgimento del carattere stilistico dei vini di questa azienda. Probabilmente c’è un convincimento alla base di tutto che si è reso conto che, oggi come oggi, la filosofia “Feudi” che da tanti anni coinvolge l’universo produttivo di questa azienda e che ha compiaciuto migliaia di adepti in giro per il mondo, non paga più e che si ha voglia di ridisegnare tutto e dare dei caratteri più legati al territorio. Queste sono le sensazioni, mentre le realtà dicono che di fronte ai vini di quest’annata, che non verrà di certo ricordata tra le migliori, ci siano delle titubanze sulla cadenza e sul ritmo, sia a livello aromatico che gustativo. In parte già assistiamo ad un maggiore sforzo di andare a sacrificare una parte di estratto e di spessore per dare maggiore spazio alla facilità di beva. Più che in passato. Il colore si preannuncia di un giallo paglierino brillante e luminoso, abbastanza inusuale dobbiamo dire, naso di discreta eleganza con note di frutta, fiori ed erba tagliata. In bocca l’ingresso è morbido, ma lascia ben presto spazio a quella componente che segna in maniera decisa, il proseguio della degustazione, ovvero la freschezza, abbastanza irruenta aggiungiamo. Bisognoso sicuramente di un periodo prolungato di maturazione in bottiglia, per raggiungere maggiore equilibrio gustattivo. Quanto alle sensazioni che abbiamo avuto riguardo alla rivoluzione in corso, staremo a vedere…
80/100 – Fiano di Avellino Donna Chiara 2008 (Cat. A)
Montefalcione si trova in un habitat della provincia di Avellino, tra i più belli in assoluto di tutta la Campania. In questo angolo di paradiso si trova incastonato la cantina Donna Chiara fondata nel 2005, ma con radici nella viticoltura con molta più storia. Come avremo modo di vedere, i Rossi giocano il ruolo più importante, anche se i bianchi si difendono molto bene nella loro semplicità. Non cercategli grandi mineralità o spessori considerevoli. Affidatevi solo se avrete voglia di stappare un vino “spensierato”, tecnicamente ben fatto e che abbia quel tocco di personalità tutta femminile, data dall’impronta della sua titolare. Al palato si lascia ricordare per una discreta avvolgenza, scivolando via (anche un po’ troppo facilmente) lasciando comunque un buon ricordo e tanta voglia di lasciarsi bere. Con molta leggerezza.
I Greco di Tufo:
91/100 – Greco di Tufo Giallo d’Arles Quintodecimo 2007 (Cat. F)
Altissimo Ceto.
L’azienda è stata appena fondata nel 2001, ma i suoi proprietari, Luigi Moio e consorte, conoscono come pochi il territorio campano. Al cospetto di questo vino abbiamo trovato un’espressione di Greco di Tufo, decisamente diversa da tante altre, e nel suo essere cosi sfrontatamente particolare dimostra sicuramente di essere già un punto di riferimento per la denominazione. Da questo magico terroir di Mirabella Eclano, unita al savoir-faire enologico di Luigi Moio, esce un’espressione capace di supportare in maniera superba, il passaggio in legno e di dare un imprinting di personalità davanti a cotanta concentrazione, senza perdere la carta d’identità territoriale e senza affaticare la nostra bevuta. Già il colore ci lascia presagire qualcosa di particolare, con i suoi “classici” toni dorati e la bellissima vivacità, per poi passare ad un corredo olfattivo decisamente ampio, con toni di frutta matura, agrumi, fiori di ginestra e camomilla integrati perfettamente con le note mielate, burrose e dolci donate dal passaggio in legno. E nella nostra “scontata” descrizione, aggiungiamoci pure la mineralità già che ci siamo… In bocca il vino entra in maniera avvolgente, suadente e la vena di freschezza che viene fuori dopo pochi secondi lo snellisce e lo rende sicuramente un vino di grande facilità di beva. Un esordio davvero con il botto, per un numero limitato di bottiglie, che gli amanti del genere dovranno contendersi per metterci le mani sopra. Già, anche a costo di sborsare anche qualche eurino in più…
88/100 – Greco di Tufo Vigna Cicogna Benito Ferrara 2008 (Cat. C)
Anche se già dal primo impatto, si capisce che quello che abbiamo nel bicchiere, non è la migliore versione del Vigna Cicogna di Gabriella Ferrara, ciò non toglie che resta a tutti gli effetti un punto di riferimento della denominazione. Da quel colore giallo paglierino con riflessi dorati, cupi e con tonalità tendenti all’ocra, riflettono degli input che recepiamo al volo per capire che di lì a poco, andremo a degustare un’espressione stilistica targata 2008 più laboriosa e calda, rispetto a quelle più dinamiche, disinvolte e “nervose”, come per esempio era quella precedente, pur evidenziando in quest’ultima alcuni tratti da annata calda come era la 2007. Al naso infatti il frutto è improntato su un indice di maturità evidente, con sfumature che prediligono la frutta matura e che si stanno evolvendo verso quella secca e si incanala su un floreale, ricco e avvolgente, di camomilla e magnolia. Anche il timbro minerale/salato alquanto tipico, derivante dal terreno del Cicogna, sembra meno espressivo, pur timbrando il cartellino al suo passaggio in maniera perentoria. In bocca è agrumato, avvolgente e segnato da quel tocco ruvido che lo caratterizza, segno della sua personalità. Freschezza e sapidità lo caratterizzano e che lo fanno piacere agli amanti del genere.
85/100 – Greco di Tufo Novaserra Mastroberardino 2008 (Cat. A)
Il vino è ancora oggi la classica espressione di una filosofia che da sempre contraddistingue una delle aziende più storiche del territorio campano. Struttura, accompagnata da eleganza e piacevolezza di beva, con quel tocco di “rugosità” salmastra che è un po’ il marchio di fabbrica. Naso decisamente accattivante, di bella complessità e finezza, con un mix di frutta gialla matura, alternati piacevolmente da note più agrumate e rinfrescanti. All’esame gustativo il vino non poteva sicuramente deluderci. Ha spessore ben supportato dalla freschezza, la quale viaggia a braccetto con la sapidità per tutto il corso della degustazione. L’unica nota “stonata” è rappresentata da una sensazione pseudo-calorica che, in questa annata, caratterizza più di altre la chiusura gustativa.
85/100 – Greco di Tufo Tenute di Altavilla Villa Matilde 2008 (Cat. A)
Degustando questo vino abbiamo avuto la conferma di quello che Villa Matilde riesce a fare sui propri vini. Ovvero, di imporre personalità senza modificare in alcun modo i tratti territoriali. Note olfattive che viaggiano in maniera leggiadra, dai toni agrumati alle note di fiore di acacia, per esprimere in chiusura tutta la mineralità estrapolata dal suolo di Tufo. In bocca esprime tutta l’irruenza e la grinta del vitigno in questo tipo di versione, accompagnata però da una eleganza non facile da trovare. Come una bellissima donna che indossa un giacchetto di pelle, ma ornata da una suadente sciarpa di elegante seta.
85/100 – Greco di Tufo Villa Raiano 2008 (Cat. A)
Questo vino è l’esemplificazione di quello che vuole essere il pensiero dell’azienda: dare ai vini il rispetto del territorio, utilizzando una “punta” di modernità e di originalità. In effetti all’esame olfattivo ci troviamo di fronte ad alcune note che ricordano la camomilla e foglia di thè, abbastanza inusuali in questa tipologia di vino, ma che corredano e completano i sentori floreali, agrumati e minerali del classico Greco di Tufo. All’esame gustativo ritroviamo tutta la snellezza e la vivacità a cui siamo abituati, insieme al classico gioco di alternanza tra sapidità e freschezza, che in questo vino è espresso su buonissimi livelli.
83/100 – Greco di Tufo Devon Cantine Antonio Caggiano 2008 (Cat. B)
Antonio Caggiano è una delle (molte) figure campane, di gente appassionata verso la viticoltura, vista però con un occhio di carattere quasi “hobbistico”, poichè la sua (loro) professione è di tutt’altro genere. Ma che quello che più (ci) coinvolge davanti ad un bicchiere di questa cantina, è la personalità ed il carattere che riesce ad esprimere ai suoi vini. Anche se di fronte, abbiamo una versione del Devon dove ci si aspettava di più. E’ un vino che ricorda molto la primavera in fiore in maniera molto delicata e senza eccessi: fresco, profumato, piacevole. Già dal naso, non particolarmente intenso ma molto gradevole, ci immaginiamo una cadenza ritmata di fiori di mughetto, contornata da note di limonaia e fiori di pesco. Personalità più decisa al palato, dove imprime un ritmo più esuberante, principiato da una freschezza che pervade la bocca ed in chiusura la nota sapida che fa da cornice ad un vino che rappresenta a tutto tondo, la corretta espressione di un vitigno e delle sue caratteristiche.
83/100 – Greco di Tufo Di Meo 2008 (Cat. A)
Sappiamo che la famiglia Di Meo opera promuovendo molteplici manifestazioni artistiche. Ma non solo, concepisce il vino stesso come una forma d’arte, concentrando tutte le proprie energia nella sua produzione. Basta vedere solo l’azienda per averne la conferma. La cosa che a noi piace, è che non cerca di stupire attraverso i suoi vini, ma si cerca di rispettare una netta collocazione territoriale ed una piacevolezza che è in stretta relazione con le caratteristiche delle stesse uve. Non cerca, se vogliamo collegarci alla grammatica, “paroloni” per esprimere un concetto semplice. Il loro Greco rivela un naso che in apertura ha note dolci e camomillate con sentori di pere ed una buona mineralità. Con un po’ di ossigenazione, esce un frutto dal carattere dato da un buon indice di maturazione. Mentre in bocca si gioca sulla linearità e la suadenza delicata, con la nota di frutta dolce e polposa che ritorna e riesce a trovare la giusta coesione con una freschezza, che resta comunque la regina incontrastata di questo vino.
82/100 – Greco di Tufo Colle di San Domenico 2008 (Cat. A)
Un’azienda giovane e giovanile, dalla costante crescita qualitativa, ma anche dal potenziale che si rivelerà con il tempo. Per quanto riguarda il loro Greco di Tufo, si può collocare sullo stesso piano strutturale e caratteriale del Fiano, ma con un profilo olfattivo meno disegnato e più avvolgente, caloroso ed esotico. Al palato si mostra con una grinta un po’ frenata e da un’acidità che tende a vestirsi il ruolo di prima donna.
82/100 – Greco di Tufo Donna Chiara 2008 (Cat. A)
Il Greco di Tufo si propone in questa annata come il capo-fila tra i vini bianchi di questa azienda dalle buone prospettive. Mette in rilievo a livello aromatico, un profilo più originale e meno spensierato del Fiano. Come il palato, dopo un primo impatto che tende a rivelarsi con un profilo asciutto, mostra un quadro più ampio e con un’acidità più integrata.
81/100 – Greco di Tufo Cutizzi Feudi di San Gregorio 2008 (Cat. B)
Abbiamo già dato ampio spazio, circa alcune sensazioni riguardanti le modifiche in corso della filosofia Feudi, della quale ci eravamo abbastanza abituati. Quindi non ci resta che entrare direttamente al sodo della degustazione del Cutizzi. Naso che si dimostra comunque tutto sommato intrigante, dove si incontrano nuances di frutta esotica, erbe aromatiche, ma anche toni burrosi con vaghi sentori mielati e fiori gialli, il tutto corredato da toni agrumati di lime. In bocca rispecchia l’essenza dell’espressione del vitigno, con tutto un contorno spessoriale che lo rende un po’ seduto, pur essendo di fornte ad una freschezza quasi tagliente. Ci piacerebbe trovarlo più snello in futuro, in maniera di dare maggiore incisività e dare risalto a quella chiusura minerale, presente, ma oggi un po’ sotto coperta.
Gli IGT ed altre eccellenze regionali:
89/100 – Costa d’Amalfi Bianco Furore Fiorduva Marisa Cuomo 2007 (Cat. F)
Altissimo Ceto.
Le “battaglie” che ha condotto Marisa Cuomo, insieme al marito Andrea Ferraioli, per portare nel mondo i bellissimi terrazzamenti di Furore, dovrebbero portare un bonus minimo di altri 10 punti al punteggio come risarcimento degli sforzi fatti. Marisa è persona fiera, animata dalla passione infinita verso la sua terra e verso quei vigneti ancora coltivati su piede franco, i quali, come una sorta di devozione, sono poi capaci di trasferire tutta l’energia profusa dalla loro “datrice di lavoro”. E alzi la mano chi avrebbe scommesso una sola lira, che dai vitigni Fienile, Ginestra e Ripoli si sarebbe tratto un grande vino? Come? Così pochi? Ma è esattamente quello che è successo e che continua a riproporsi ogni anno con qualità costante. Anche se un piccolo appunto su questa 2007 dobbiamo farlo, tanto per fare un po’ i pignoli. Sicuramente gli manca un pizzico di verve che gli dona maggiore brillantezza e dinamicità, tipica invece di altre versioni. In questa 2007, il vino si apre in maniera timida, scorre nel bicchiere in punta di piedi con il passo di una tenera ragazzina che incomincia solo ora a prendere “contatti” con il mondo esterno. Anche se di cose da raccontare ne ha già molte ed insieme al naso, bisogna allungare anche l’orecchio per ascoltarle meglio e con più attenzione. Un frutto caldo ma vigoroso ed agrumato, con un susseguirsi di sentori tra i più disparati e capaci di solleticare la vostra fantasia. Tanto da convincervi che se immaginate un profumo, riuscirete poi a trovarne il suo riscontro. In bocca ci accarezza il palato con tocchi suadenti, precisi, pungenti, ma decisamente eleganti, mettendo in evidenza note burrose e floreali a testimonianza del perfetto connubio tra corpo del vino e legno ottimamente dosato, con una mineralità in chiusura che chiude un quadro gustativo di grande piacevolezza e persistenza. Sempre in chiusura, da segnalare quella piccola postilla annotata in precedenza e che riguarda soprattutto l’acidità, la quale fosse stata più presente e maggiormente in sintonia, l’avrebbe proiettato su di un altro pianeta. Ma noi preferiamo continuare a vedere, la “nostra” Signora Marisa, camminare sul pianeta terra…
87/100 – Costa d’Amalfi bianco Furore Marisa Cuomo 2008 (Cat. B)
Ancora un’altra prova di tutto rispetto dell’azienda, stavolta utilizzando però vitigni come la Falanghina e la Biancolella. La filosofia è sempre la stessa ed è quella che piace anche a noi. I vini di Marisa Cuomo, non colpiranno mai per potenza, ma sono espressioni caratteriali molto intense di vini che racchiudono al meglio il legame territoriale e che giocano soprattutto sull’eleganza. Il naso si presenta già in maniera più aperta rispetto al Fiorduva, dove i toni floreali sono accompagnati da nuances di erbe aromatiche e lievi toni mentolati con un corredo di agrumi e mineralità spiccata. Al gusto il vino continua sulle stesse note di grazia e finezza, con questa vena sapida che è il timbro distintivo di questi vini. Rispetto al precedente, il vino è più pronto, più propenso alla stappatura e capace di dare piacere ed emozioni ad un pubblico più ampio, visto che la chiave di lettura è meno “cerebrale” del Fiorduva.
86/100 – Falerno del Massico bianco Caracci Villa Matilde 2006 (Cat. B)
Il Caracci si conferma come uno dei vini più convincenti e più particolari, tra le eccellenze bianche campane. Ci è stata presentata la 2006 in degustazione, in una versione a dir poco intessante. Una Falanghina in purezza che lascia immaginare una graziosa ragazza in abito solare e colorato, che esprime attraverso il suo carattere armonioso tutta l’eleganza del frutto. Un profilo olfattivo agrumato e di frutti maturi come arance, mandarini, pesche ed anche susine, con uno sbocciare di toni floreali e di erbe aromatiche, dove spicca il rosmarino. La cosa veramente piacevole è che le sensazioni sono molto fresche e assolutamente non dolci, nonostante i cinque mesi di passaggio in legno e nonostante il suo percorso evolutivo, sia già iniziato da qualche mese. Anche in bocca la barrique dona solo piacevolezza nell’ingresso setoso e nella lieve nota mielata in chiusura, mentre nel mezzo acidità e sapidità si uniscono in una piacevole danza, accompagnata da un bel corpo complessivo abbastanza inusuale in una falanghina e che riesce ad imprimere a questo vitigno, dei livelli altissimi.
83/100 – Coda di Volpe d’Irpinia IGT Di Meo 2008 (Cat. A)
Un vino dal carattere tutto particolare, dove il vitigno Coda di Volpe acquista complessità e ampiezza da una piccola aggiunta di Fiano e Greco. Rispecchia in tutto e per tutto il carattere “non volevamo colpirvi con effetti speciali” dell’azienda, pur rivelando un timbro ambiguo e piacevole allo stesso tempo, dove arrivano nette note di cedro, miele di zagara, iodio e profumi floerali e salmastri che ci rimandano ad una freschezza che ci ricorda una piacevole brezza estiva. In bocca dimostra tutta la sua piacevolezza di beva con una bella acidità, alternata da un carattere minerale di grande interesse.
83/100 – Cilento Fiano Donnaluna De Conciliis 2008 (Cat. A)
Un vino che in questo momento, rivela la sua doppia personalità. Un profilo olfattivo che si manifesta come una nobildonna raffinata, con note molto ingentilite di gelsomino, pera Williams, agrumi che si scandiscono in bella successione, senza cedimenti. Mentre al palato è il carattere un po’ sbarazzino di un ragazzo in piena crescita. Non vuole farsi conoscere e non riesce ancora a trovare la giusta coesione per tutto quello che ha in mente, riguardante il suo potenziale. Tendono ad uscire sul finale delle note di tostatura che coprono e frenano la libera espressione delle altre sensazioni gusto-olfattive ma niente paura, noi siamo disposti a sederci ed aspettare. Convinti che con un po’ di pazienza riusciremo a tirare fuori tutta la personalità di questo “timidone”.
83/100 – Irpinia Bianco IGT Campanaro Feudi di San Gregorio 2008 (Cat. C)
Il Campanaro è un connubio tra le due bacche bianche regine della Campania: Fiano e Greco usati in ugual percentuale. Anche in degustazione, i due vitigni si alternano nelle sensazioni che trasmettono un colore vivace e di buona integrità, con un profilo olfattivo netto e definito, di frutta a polpa bianca matura e frutta esotica. In bocca, l’ingresso avvolgente e suadente che ci riporta al Fiano, viene interrotto dall’impronta del Greco che, con la sua freschezza, bilancia le componenti morbide, dando buona vitalità alla beva. In chiusura, si fa evidente una lieve nota pseudo-calorica che va a discapito dell’armonia generale, ma che è supportata abbastanza bene dal corpo del vino. In questa annata è in assoluto il miglior vino bianco dei Feudi.
81/100 – Campania Greco IGT Due Chicchi Benito Ferrara 2008 (Cat. A)
Il Due Chicchi di Gabriella Ferrara è nato come volontà di dare un’espressione semplice e lineare al vitigno Greco, con un impatto che si mostra da subito piacevole e dalla buona bevibilità. Impreziosito nella complessità, da una piccola percentuale di Coda di Volpe, tende a far vedere il suo lato più intrigante proprio al naso, con un giusto mix sul filo della suadenza, molto pacata e gentile, tra note di frutta a polpa bianca e note citrine. Al palato tende a scappare via un po’ presto, lasciando però un ricordo in profonda coerenza al naso, anche se in maniera meno esaltante.
80/100 – Costa d’Amalfi Ravello Marisa Cuomo 2008 (Cat. B)
Sottozona Ravello, non più Furore, e questo viene poi riscontrato nei vini. In questo areale si perde sicuramente un po’ di eleganza e di struttura, deducibile a partire dall’esame olfattivo dove si avvertono sensazioni più vegetali che non erano presenti nelle altre tipologie di Marisa Cuomo. Anche la cadenza aromatica, pur presente e caratteriale, perde in dinamismo. Al palato, il vino gioca molto sull’essenzialità e sulla piacevolezza immediata, anche se manca l’avvolgenza e la persistenza trovata nei Furore. Resta il fatto che l’espressività dei vini data da Marisa, riesce ad uscire ed a farsi notare, anche quando essenzialità, semplicità e linearità, sono le parole d’ordine.
79/100 – Beneventano Falanghina IGT Donna Chiara 2008 (Cat. A)
C’è voglia di spensieratezza e di leggiadrìa nella Falanghina di Donna Chiara. Nel profilo aromatico, dove i toni giocano molto sulle varietà floreali ed al gusto, dove un sottile filo di equilibrio disegna una linea tra il moderato spessore, ma che regala un giusto grado di saporosità, e la venatura acida che dona grande bevibilità nell’insieme.
79/100 – Sannio Falanghina Serrocielo Feudi di San Gregorio 2008 (Cat. B)
E’ il classico vino che si beve piacevolmente in una sera d’estate e che ci rinvigorisce dopo una giornata afosa. Con un frutto caratterizzato da un profilo essenziale, ma netto, nitido e ben distinto, da note fruttate di banana unite ad un sentore di fiore bianco appena colto. Al palato, dopo un ingresso quasi timido, regna sovrana la freschezza che rende questo vino veramente scorrevole. In chiusura lieve nota pseudo calorica un po’ in eccesso, forse dovuta ad un corpo che non riesce a bilanciare perfettamente il tenore alcolico. Una nota di rammarico viene dall’impressione che ci lasci troppo presto. Più di quanto ci saremmo aspettati al naso.
78/100 – Terre del Volturno IGT Pallagrello bianco Viticoltori del Casavecchia 2008 (Cat. A)
Primo incontro con questa cooperativa di piccoli produttori che però operano individualmente nel campo enologico da molto tempo. Alcuni di essi possiedono piccoli vigneti a piede franco e con sistemi di allevamento a spalliera, ormai quasi abbandonati dal resto della produzione di qualità campana. Indipendentemente dalla qualità dei vini, un elogio va fatto per l’intento di difesa di un territorio che probabilmente è uno dei più ricchi in Italia, almeno sotto il profilo del patrimonio ampelografico. Il pallagrello, o “u pallarell”, è un uva vigorosa, che esiste sia bianca che rossa e in questo caso da vita ad un vino bianco piacevole nella sua semplicità. Non è sicuramente un “palestrato” destinato a lunghi invecchiamenti, ma bensì un prodotto che gioca le sue carte migliori nella gradevolezza immediata e dedicato anche per chi, a dei prezzi più modici, vuole una volta tanto, ripiegare su di una bottiglia “spensierata”, ma con un profilo almeno originale.
3) CONSIDERAZIONI FINALI
Bene. Siamo arrivati alla conclusione di questa bella carellata di vini bianchi campani, che ci hanno portato a trarre delle conclusioni finali di sicuro interesse.
La prima in assoluto è data dalla dimostrazione concreta della crescita qualitativa, avuta da questa regione in campo enologico. Un quadro sicuramente confortante in quanto, purtroppo, capita spesso che i vini provenienti da questi splendidi territori siano sottovalutati, quasi snobbati. Per non parlare della coscienza generale che porta ad ignorare anche l’esistenza di alcuni vitigni. Infatti la Campania, non è fatta solo di Greco e Fiano, anche se come avete potuto notare giocano il ruolo più importante, ma è una delle regioni più ricche sotto il profilo ampelografico, sciorinando un numero considerevole di vitigni autoctoni, sia per quelli a bacca bianca che quelli, lo vedremo prossimamente, a bacca rossa. Ma il salto di qualità non l’abbiamo potuto evidenziare solo per quanto riguarda l’aspetto tecnico dei vini. Un’aspetto ragguardevole è stato riscontrato dal forte legame con il territorio, al quale stanno partecipando un numero sempre maggiore di aziende. Sappiamo che a furia di battere su questo chiodo, rischiamo di diventare petulanti, ma la soddisfazione di trovare nel bicchiere, un linguaggio del terreno, una comunicazione dei tratti caratteriali del vitigno, raggiunge dei picchi emotivi che vanno oltre ad uno sterile punteggio in centesimi. Sentirsi immersi con la mente in un determinato luogo, nei “profumi” della loro terra e della natura adiacente, può soddisfare il prezzo del “sacrificio” che il consuimatore finale ha pagato per quella bottiglia.
Oltre a questo va notoriamente aggiunto il sicuro valore della filosofia aziendale, fatta di uomini e di persone. Ma anche di donne. Anche se non è nostra consuetudine, parlare dei meriti dei singoli, permetteteci una piccola divagazione al tema e per quanto mi riguarda personalmente, anche dovuto ad un pizzico di solidarietà femminile. Un plauso particolare lo dobbiamo portare a Marisa Cuomo, signora del vino che non scopriamo di certo noi, ma che siamo arrivati nel corso degli ultimi anni ad amarla per il suo modo di fare vino, mostrando in modo palese come con serietà, costanza e tanta audacia, si riesca a tirare fuori il meglio da un territorio difficile come quello della Costiera Amalfitana e portare nel Mondo, come descritto sopra in occasione delle note riguardanti i suoi vini, un pezzo di Campania. Modello che potrà essere di sicuro valore, per una generazione prossima di giovani viticoltori.
Tornando ai “nostri” vitigni principali, hanno dimostrato, per ciascuna denominazione, caratteristiche coerenti con la bacca di riferimento, sia a livello olfattivo che gustativo. Il Fiano si è dimostrato una delle più importanti varietà italiane, non solo per la struttura, ma anche per l’eleganza che riesce a raggiungere se viene portato ai massimi livelli espressivi, mentre il Greco in alcune espressioni, ha abbandonato quella immagine abbastanza stereotipata e portata ancora tutt’oggi in risalto da una viticoltura più spiccia e meno attenta ai fondamentali di vitigno e terroir, ed arrivare a produrre espressioni stilistiche più complesse e longeve.
Come è stato anche per le considerazioni finali della recensione dei Soave, una riflessione, la merita sicuramente l’aspetto legato alla mineralità. Termine parecchio usato/abusato per arrivare a definire e codificare, spesso a sproposito, il “grande vino”. Una caratteristica invece, che in questo caso va presa sicuramente in considerazione per dare maggiore valorizzazione all’operato in cantina, per arrivare ad esaltare una fisionomia che è strettamente legata all’indole del vitigno e all’ambiente pedoclimatico campano.
Considerazioni senza dubbio positive che tuttavia rappresentano una piccola goccia nell’oceano produttivo regionale e se non avremo presto un risveglio anche da parte delle aziende dai grandi numeri, vivremo ancora in un futuro fatto di sogno, a piangerci sopra su quel filone della poca considerazione, che continua a farsi valere nell’immaginario comune.
A meno che, armati di un pizzico di presunzione, lasciamo che la vita produttiva enologica continui a fare il suo spossante percorso, mentre noi invece seguiteremo a “coccolarci” con queste preziose e piccole eccellenze.
Articolo redatto da:
Simona Bizzarri.
Referente regionale per la Campania e la Basilicata.
Sommelier Professionista, Degustatore Ufficiale e Relatore ai corsi A.I.S.
Consulente nel campo dell’enogastronomia.
Miglior Sommelier di Toscana 2008 e vincitrice del Master del Sangiovese 2008.
Si ringraziano i componenti del panel di degustazione del portale Viaggiatore Gourmet-Altissimo Ceto per aver preso parte alle sessioni di assaggio.
Un particolare ringraziamento anche ai fratelli Luca e Francesco Iaiani della Tre Archi Distribuzione di Oleggio (NO) per aver contribuito alla fornitura di alcuni dei campioni degustati.
Di seguito, potete trovare gli altri post inerenti la nostra Guida dei Vini on-line:
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-I Langhe Nebbiolo e Nebbiolo d’Alba.
-Le Barbere d’Asti e altre Barbere.
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-Le “bollicine” metodo classico.
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-I Vini Bianchi del Friuli V.G. – prima parte.
-I Vini Bianchi del Friuli V.G. – seconda parte.
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-Le produzioni IGT del Chianti Classico ed alcune eccellenze di zone limitrofe.
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-Il vitigno Verdicchio nelle sue sfumature.
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-I Vini bianchi e rossi dell’Etna.
-I Vini bianchi e rossi della Sicilia.
Le sessioni di degustazione si sono svolte presso il Ristorante di Cristiano Cini:
RISTORANTE LA NUOVA TAGLIATELLA
Viale Giotto, 45/47
52100 Arezzo
Tel: 0575 21931
e-mail: cristina.raffaelli@alice.it
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