Articolo a cura di Ivano Antonini, Cristiano Cini, Luca Martini e Maurizio Zanolla.
Per degli “enocentrici” come noi, il godimento che si prova quando si varca la soglia del magazzino della Sarzi Amadè, è paragonabile alla gioia di un bambino quando lo porti in gita a Gardaland. Solo che qui trovi delle verticali dei Grandi cru di Bordeaux al posto delle montagne russe, mentre il tour nella parte riservata ai Borgogna, tra casse di Leflaive, Denis Mortet, Rousseau, Méo-Camuzet, Tollot-Beaut ecc… è da mozzafiato come un giro sul Blue Tornado. Al nostro arrivo non abbiamo trovato la mascotte Prezzemolo ad attenderci, ma l’amico Alessandro Sarzi Amadè. Alessandro, insieme alla sorella Claudia, porta avanti egregiamente l’attività di famiglia fondata nel 1966 dal padre Nicola (nella foto in alto) tra i più grandi conoscitori dell’enologia francese e non solo. Da anni ormai, rappresenta una delle principali aziende di riferimento per quanto riguarda l’importazione e la distribuzione di vini d’Oltralpe, ma pochi sanno che Nicola ha iniziato dedicandosi ai soli vini italiani e ancora oggi, la selezione di etichette nazionali (Giacosa, Félsina, Tua Rita, Piaggia, Uberti tanto per citarne qualcuna…), non fa altro che dare prestigio ad un listino da capogiro per qualsiasi amante del vino. Negli ultimi anni, il catalogo, si è arricchito anche di vini californiani, spagnoli, portoghesi, australiani, cileni e tante altre. Volete giusto due dati? Più di 400 case vinicole distribuite, tra cui 250 portano la firma dei Châteaux bordolesi. La gamma include anche i più grandi distillati tra Rhum, Bas-Armagnac, Cognac, Calvados, Aqueviti d’Alsazia e grandi Whisky.
Ci facciamo raccontare dalle parole di Alessandro la nascita della Sarzi-Amadè e quali sono i progetti futuri.
Alessandro, tu oggi sei alla guida insieme a tuo padre Nicola e a tua sorella Claudia, della Sarzi Amadé. Azienda che è diventata leader nel settore della distribuzione vini, sia italiani che esteri. Ci racconti come è nata, come si è evoluta e come è posizionata oggi la vostra azienda?
La nostra azienda nasce nel 1966 dalla passione di mio padre per il vino di qualità ma è solo dal 1982 che si trasforma in azienda di importazione e distribuzione a livello nazionale di vini esteri che da quell’anno vengono affiancati ai già numerosi vini italiani sino ad allora distribuiti solo in Lombardia. Lentamente, nel ventennio successivo, mio padre è riuscito a collezionare buona parte delle migliori aziende vinicole francesi e a guadagnarsi la reputazione di specialista nel selezionare chicche d’oltralpe. Dalla metà degli anni novanta mia sorella ed io collaboriamo con mio padre nella gestione dell’azienda che conserva un carattere puramente familiare.
Quali sono i punti che vi trovate in comune accordo lavorando con tuo padre Nicola e quali sono invece quelli che sono motivo di discussione?
Il punto fermo della nostra azienda che vede tutta la famiglia concorde è sicuramente la ricerca della eccellenza e della massima espressione qualitativa, sia nella selezione dei prodotti italiani che esteri. Uno dei motivi di discussione con mio padre è sicuramente la sua… voracità! Mio padre non si ferma mai di cercare prodotti nuovi, produttori emergenti, curiosità e sfiziosità diversamente da me che mi preoccupo nel vedere un catalogo sempre più ampio e difficile da gestire.
Parliamo di vini francesi in particolare, in quanto sarà l’oggetto della degustazione che ci hai voluto riservare per noi e che racconteremo in seguito. Come si sono evoluti i gusti dei consumatori in questi anni? Quali sono le denominazioni che hanno perso terreno e quali sono invece quelle che ne hanno guadagnato?
Il consumatore italiano negli ultimi anni ha approfondito molto la conoscenza dei vini francesi, scoprendo piccoli produttori e viaggiando nelle zone di produzione per conoscere di persona gli artefici dei vini che consumano. Nell’ultimo decennio è letteralmente esplosa la Borgogna ed ha avuto un crollo Bordeaux, la prima grazie all’aumento qualitativo dei prodotti e del numero di vignaioli di qualità, il secondo a causa dell’aumento indiscriminato dei prezzi che ne sta rendendo complicatissima la vendita in Italia.
Montagne russe…
Immagino che non sia semplice andare a proporre vini esteri in enoteche e ristoranti e spiegarne caratteristiche, provenienze e differenze. Qual è la zona vinicola per voi più difficile da raccontare e da consigliare?
In effetti proporre vini esteri in Italia è abbastanza complicato, soprattutto perché la produzione italiana è ormai di altissimo livello e amplissima nell’offerta. Non ci sono zone più complicate di altre da proporre, gli ostacoli maggiori sono rappresentati dalle classificazioni delle differenti zone e dalla necessità di abbinare vitigni a denominazioni.
Qual è stato l’episodio più divertente che vi è capitato nella vostra storia di distributori?
Ricordo con molto piacere e grande divertimento una visita non organizzata ad un produttore di Sauternes che ci vide entrare nel cortile del proprio Chateau proprio mentre stava partendo per le vacanze estive. Aveva già caricato i bagagli, la tavola da surf sul tetto e i bambini legati ai seggiolini in auto. Dopo una breve presentazione ed un attimo di smarrimento ha fatto scendere la famiglia dall’auto ed ha chiamato l’albergo al mare dicendo loro che sarebbe arrivato il giorno dopo perché era molto più importante avere la possibilità di esportare i propri in Italia. Non ti dico i pianti dei due bambini…
Enotecari, sommelier e ristoratori, fanno affidamento sulle guide estere prima di acquistare da voi? Oppure si lasciano consigliare?
I ristoratori e gli enotecari più curiosi approfittano sicuramente dei suggerimenti delle guide estere, il livello di preparazione degli addetti ai lavori e sempre più alto e quindi buona parte di essi è ormai completamente autonoma nella selezione. Capita spesso di dare consigli su annate, cru e vini particolari.
Come giudichi invece l’andamento dei prezzi che ha interessato due zone importanti come Bordeaux e Borgogna? Hanno influito sulle scelte dei vostri clienti?
Come ti dicevo prima, l’aumento scriteriato dei prezzi dei vini di Bordeaux ha letteralmente ridotto al minimo il consumo di questi vini in Italia. Credo che dovrà passare molto tempo prima che si torni a bere Bordeaux di qualità in Italia… La Borgogna sta rischiando di fare lo stesso errore anche se devo dire che le bottiglie particolarmente costose sono molto poche e per ora si riescono ancora a vendere.
Quali sono le strategie che andrete ad adottare per affrontare il futuro?
Ci concentreremo sempre più sui produttori di qualità cercando di coinvolgerli il più possibile nella promozione dei loro vini in Italia. Abbiamo costituito con altri colleghi, un club di importatori e distributori di vini di qualità con i quali organizziamo azioni comuni volte a promuovere l’immagine del distributore. Credo fermamente nell’importanza della distribuzione e penso che il servizio diventerà elemento imprescindibile nella scelta del fornitore da parte del cliente.
Ti diamo la possibilità di scegliere dal vostro listino cinque vini che porteresti sull’isola deserta, indipendentemente dal loro rapporto qualità prezzo. Che siano cinque…
I miei cinque vini:
-Chevalier-Montrachet Domaine Leflaive
-Corton Charlemagne Domaine Bonneau du Martray
-Chambertin Domaine Trapet
-Riesling Brand Domaine Zind-Humbrecht
-Champagne Cuvée Robert Winer Domaine Bedel
C’è un’azienda francese (anche di azienda concorrente) che ti piacerebbe ospitare nel vostro listino e perché?
Non ho dubbi nel risponderti. Blasone, qualità, fascino, impeccabile artigianalità, sceglierei sicuramente Domaine De La Romanée-Conti!!!
Per chiudere… dovessi pensare ad uno slogan perfetto per promuovere la Sarzi Amadé, quale sceglieresti?
Scherziamo un po’. Lo slogan potrebbe essere.”Qualità, Servizio, Professionalità. Mettetemi alla prova, vi porto i vini, ve li spiego e li bevo anche”
Ritorniamo in ufficio pronti per affrontare la degustazione.
Il grande Nicola Sarzi Amadé scherza con il nostro Maurizio Zanolla
E’ stato scelto volutamente dalla famiglia Sarzi Amadé di affrontare la degustazione dei prodotti SOLO di aziende che vendono in esclusiva sul territorio italiano.
Gli Champagnes:
87/100 – Champagne Brut Blanc de Blanc Grand Cru Legras & Haas 2005 (ca. € 50,00 in enoteca)
Possiede una storia relativamente giovane questa piccola azienda di Chouilly, poiché la sua data di nascita è datata solo 1991. Ma il prestigio è stato raggiunto nel giro di poche vendemmie, vista la serietà ed il rigore che sta alla base del lavoro di François Legras et Brigitte Haas. Una Maison de Negoce abbastanza atipica in quanto l’approvvigionamento delle uve, avviene solo da vigneti che sono di proprietà di componenti familiari della famiglia. Selezione severa dei grappoli e utilizzo di mosti solo di prima spremitura per l’elaborazione dei propri Champagnes. Questo che stiamo per assaggiare è il loro Brut Blanc des Blancs millesimato. Annata 2005 per le uve di Chardonnay ricavate dalle parcelle Grand cru che hanno dato un risultato intrigante e stuzzicante. Il colore è il tipico giallo paglierino di buona profondità cromatica, reso luminoso da un perlage non particolarmente ricco, ma affascinante per la caratura minuta delle bollicine. Gioca molto sulla leggiadria e sulla delicatezza, più che sulla potenza. Naso che inizialmente colpisce per un attacco citrino e pungente, prima di aprirsi su note più suadenti di confettura di mela golden e crema pasticciera. Molto fresco e floreale dove il corredo lievitato non è di quelli così marcati. Bocca più ampia di quanto esprimeva in fase olfattiva, cremoso e con una scorrevolezza ritmata e cadenzata, senza troppi sdolcinamenti. Buona la lunghezza.
89/100 – Champagne Brut Special Club Grand Cru Henri Goutorbe 2002 (ca. € 65,00 in enoteca)
Ci spostiamo metaforicamente ad Aÿ e rendiamo visita alla Maison di René Goutorbe. Lo Special Club firmato Goutorbe è composto da 70% Pinot Nero e 30% di Chardonnay, provenienti da soli vigneti classificati Grand cru, la versione 2002 è uno Champagne superlativo per carattere, sostanza ed eleganza. Grande ampiezza, grande volume sostenuti da una spina dorsale importante, derivante da un’annata fantastica per questa regione. Il naso è in continua progressione: frutta matura a polpa gialla, note esotiche di mango maturo, miele di castagno, mentre il bagaglio speziato è tra i più ricchi mai visti che donano un tocco di originalità all’insieme. Le sfumature citrine e quelle di pan bioche appena sfornato lo rendono vigoroso e mai stancante. Bocca sugli stessi binari. Prima intenso, ricco e avvolgente, poi scorrevole, lineare, fresco e sapido. Tocco quasi dolce sul finale dato da una leggera vena ossidativa che lo rende ancor più ammaliante. Finale con le trombe, per lunghezza ed articolazione. E per via dell’estrema eleganza.
84/100 – Champagne Brut Cuvée Dis “Vin Secret” François Bedel s.a. (ca. € 45,00 in enoteca)
Azienda della Champagne totalmente gestita a livello familiare. Lavora solo uve di vigneti di proprietà ed ha fatto della biodinamica il loro credo, questo per arrivare a “tradurre” in vino la loro filosofia di base, ovvero quello del rispetto dei terreni di origine e per la loro particolarità riscontrabile nei vini finiti, poiché il Pinot Meunier è il vitigno più coltivato. Come nel caso di questo Champagne, dove il Meunier arriva a toccare l’86% nella composizione della Cuvée. Non di grandissima eleganza il naso, ma guadagna subito punti per quanto riguarda l’originalità degli aromi. Molto impostato sulle sensazioni di miele e crema pasticcera ed un tono affumicato che trova armonia con il corredo fruttato che ruota intorno a note di frutta a polpa gialla e dal tocco di pan brioche. Freschezza che rimane un po’ frenata al palato, lo sviluppo è tutto improntato sull’avvolgenza e la pienezza. Crediamo che sia dovuto al fatto che la base di partenza di questa cuvée, sia la 2003, poiché un pizzico di vitalità in più avrebbe giovato, soprattutto in fase di lunghezza. Ma a noi “ci piace” anche così.
92/100 – Champagne Brut Nature “Robert Winer” François Bedel 1996 (ca. € 95,00 in enoteca)
Annata stratosferica per la Champagne, al servizio della personalità che imprime questa Maison ai suoi prodotti. Una cuvée che è stata creata apposta per questo millesimo, dedicato ad un celebre dottore amico di famiglia. Ha sostato sui lieviti per 14 lunghi anni a contatto con tappi di sughero, per poi essere messo in commercio senza dosaggio. Espressione originale, personale e di grande caratura, capace di mescolare la scaltrezza e l’esuberanza del Pinot Meunier (in questo caso con una percentuale che raggiunge l’88%), con la prestanza e la determinazione del millesimo. Ha un alone principesco sentendolo al naso. Nobile e aristocratico nell’impostazione del frutto, in armonia con il quadro aromatico dato dai lieviti. Ma sopra a queste tinte signorili, giganteggia una sferzata floreale e minerale, che chiude un quadro olfattivo irrequieto sulle prime battute. Ci vuole tempo nel bicchiere prima che il vino trovi maggiore armonia e distensione. Al palato è cremoso, suadente, meno variopinto e liberale di quanto dimostrato al naso, tuttavia si propaga con volume e ampiezza. Si adagia con autorità per tutta la durata dell’assaggio, forte della sua verve acido-sapida, resa ancor più energia dalla forza carbonica sprigionata che dona vitalità ad alti livelli. Uscita all’insegna del “tappeto rosso” quanto a lunghezza ed eleganza. Uno Champagne da sballo.
I vini bianchi:
86/100 – Morey-Saint-Denis “En la rue de Vergy” Bruno Clair 2006 (ca. € 60,00 in enoteca)
Una macchia di solo mezzo ettaro di Chardonnay, dalla grandezza di un atollo poco sopra Bonnes-Mares, nell’esteso mare di Pinot Nero della Côte de Nuits. Piantata direttamente sulla roccia, “En la rue de Vergy” è un’anomala ma piacevole realtà. Fotografato oggi risulta in piena età adolescenziale, troppo giovane per essere bevuto, tuttavia fiero in un incedere marziale, ricco di asperità come una tappa pirenaica del Tour de France. Duro, intransigente, ma sicuro cavallo di razza. Oro acceso cangiante sul verdolino, profilo olfattivo racchiuso in un tostato ancora sfacciato, dominante sul lime ed il pompelmo, profondamente minerale e delicata chiusura floreale, legno ancora da digerire, chiuso al primo impatto per poi distendersi dopo qualche minuto. Crudo e vibrante sul palato grazie ad un nerbo acido tagliente, garante della longevità. Di media ampiezza e ugual spessore, non brilla particolarmente per la sua lunghezza nel finale, ma piacevolmente caratterizzato da una profonda scia sapida, quasi salata. Un vino per gli amanti del genere, alla ricerca di dinamicità e nervosismo.
90/100 – Chassagne-Montrachet Premier Cru Les Vergers Bruno Colin 2007 (ca. € 60,00 in enoteca)
Si è sempre carichi di aspettative quando ci si trova davanti ad un Premier cru di Bruno Colin. Non siamo mai rimasti delusi. Azienda che può tuttavia peccare a volte nel segno della continuità, ma non sul piano della personalità, riscontrabile nella spiccata mineralità e la prorompente acidità spinta da una vena sapida sempre presente. Vivacissimo alla vista, questo paglierino con riflessi verde/oro, è soprattutto luminoso, già si intuisce ciò che andremo ad assaporare di li a poco. Spiccata la nota agrumata che si divide tra cedro e pompelmo, pulita ed elegante la nota floreale di sambuco, caratteristica la pietra bagnata, gentile il finale di nocciola e burro, naso in costruzione ma già intrigante e ricco con ragguardevoli margini di miglioramento legati al tempo. Una bomba in bocca. Chiediamo venia per il tecnicismo espresso, ma il concetto veste bene l’idea neanche fosse un sarto di Savile Row. Acido/salato ad alti livelli dicevamo, potente e lungo, impressiona per vigore forza, eleganza e spessore. Un grande Borgogna, da conservare per almeno dieci anni.
86/100 – Meursault-Blagny Premier Cru Pascale Matrot 2006 (ca. € 65,00 in enoteca)
All’interno del comune di Meursault, il Domaine condotto da Pascale Matrot, è un piccolo gioiellino che produce vini che rappresentano in maniera cristallina il carattere territoriale fatto da gradevoli sentori floreali e dalle intense note di burro fuso. Ci troviamo a nord di Puligny nella parte più orientale di Meursault. Il Meursault Blagny, tra i vini prodotti da Matrot, ha il vantaggio di essere il gradevole biglietto da visita qualora vogliate avvicinarvi a questa azienda, con la particolarità di andare incontro a vini che sono piacevoli fin da subito. Oro pieno e di buona vivacità, l’impianto olfattivo si apre su note mielose ed affumicate solo con il passare di qualche secondo, mettendo in mostra un fruttato esotico di ananas e banana, a seguire fiori bianchi, spezie tendenzialmente dolci e pietra focaia in chiusura. Largo ed opulento sul palato, gioca più sull’ampiezza e sulla densità che non sulla vivacità, mettendo in luce una spinta alcolica che non trova particolare complicità con la freschezza.
88/100 – Meursault Goutte d’Or Premier Cru Louis Latour 2005 (ca. € 70,00 in enoteca)
Il Goutte d’Or è il primo Premier cru che si incontra una volta lasciato il comune di Meursault, dirigendosi verso Puligny-Montrachet. Da sempre una garanzia quello prodotto dal prestigioso Negociant di Beaune. Colore con netto richiamo “all’età dell’oro”, il quale risalta un’eccellente luminosità che risulta intrigante per il prosieguo della degustazione. L’apertura olfattiva si mostra tuttavia con un vigore più giovanile, foriero di gioventù, raccontando di un equilibrio già raggiunto tra legno e frutto. Particolarmente avvolgente e soft, olfattivamente parlando risulta essere composto ed equilibrato. Gli manca solo un maggiore accenno floreale per ricondurlo appieno alla denominazione, ma di certo è elegante e ben misurato. Pesca, albicocca, burro fuso, nocciola, qualche tostatura in sottofondo ma anche caramella mou e fiori di camomilla. Al palato è già ben inquadrato, esprimendosi attraverso una rigida eleganza, equilibrato tra spessore e alcolicità. Manca qualcosa a livello di freschezza, ma quello è imputabile più all’annata di origine. Consigliabile se avete voglia di aprire un bel Meursault oggi.
93/100 – Puligny-Montrachet Premier Cru Clos du Cailleret Domaine des Lambrays 2008 (ca. € 110,00 in enoteca)
Clos du Cailleret confina direttamente con il Grand Cru di Chevalier-Montrachet ed è diviso da una minuscola stradina dal celeberrimo Le Montrachet. Le referenze di vicinato, di fatto, non sono assolutamente male per il prestigio del cru, inoltre stiamo parlando di un’annata che non sarà ai livelli della 2006 dello stesso vino e per certi versi inarrivabile come livelli qualitativi, ma che è tuttavia molto buona. La degustazione rinforza il concetto espresso sulla carta, infatti quello che abbiamo nel bicchiere è un campione, in fasce, ma pur sempre un campione. In certe movenze ricorda un fuoriclasse vero e proprio, delicato ma strutturato, forte e leggiadro al tempo stesso. Guanto di velluto sopra un pugno di ferro per dirla tutta. Luminosa veste dorata, olfatto variegato e aperto, dove ad attenderci troviamo limone e cedro in primo piano. L’accoglienza procede con freschi e fragranti fiori bianchi, anice ed una burrosa opulenza, rinvigorita da una vena minerale che alza l’asticella dell’eleganza. Naso che non stanca mai, poiché risulta mutevole ad ogni nuova olfazione. I nostri palati sono univoci nel concordare che siamo di fronte ad un grande vino. Il Cailleret, per tutto il tempo della sua degustazione, sa essere tremendamente elegante, ma anche profondo e potente. Dritto, deciso, con grande spinta acida, forte della sua struttura e di una delicata mineralità, espressa anche in fase gustativa e che trova complicità con la scia gradevolmente sapida. Lunghezza e articolazione sul finale, fanno si che il suo ricordo sia di quelli indelebili. Da conservare gelosamente.
95/100 – Corton Charlemagne Grand Cru Bonneau du Martray 2008 (ca. € 135,00 in enoteca)
Dei 52 ettari di superficie totale del grand cru di Aloxe-Corton, 11 di questi sono di proprietà del Domaine Bonneau du Martray. Nove ettari e mezzo dedicati alla coltivazione di Chardonnay, il restante a Pinot Nero. Una grande espressione di territorio vestita d’oro, abito luminoso e profondo. Al palato abbiamo una sinfonia che potrebbe essere suonata da una grande orchestra filarmonica, tanto è importante l’eleganza e la gradevolezza di insieme. Successione ritmata e scandita sul filo dei secondi, con sensazioni che rimandano agli agrumi, la pesca bianca, i fiori di camomilla, le erbe aromatiche, la vaniglia ed il burro. A corollare la complessità abbiamo note di pietra bagnata e pasticceria da forno. Nell’insieme abbiamo un bagaglio ricco, ampio ed elegante. Pirotecnico al palato, gentile ed incisivo, stupisce una crescente suadenza gustativa, ben sostenuta da una tonica freschezza e da un’adeguata sapidità. Lunghissimo il finale con richiami di frutta e spezia dolce. Una signora bottiglia, elegante nella sua semplice veste già prima dell’apertura, dove le aspettative di fronte a questa annata dicono di lasciarlo li per un po’. Ma un bel po’…
91/100 – Corton Charlemagne Grand Cru Bonneau du Martray 1997 (ca. € 130,00 in enoteca)
Per capire veramente il valore più alto che può dare, in termini di godibilità, un Corton-Charlemagne di Bonneau du Martray, deve stappare una bottiglia come la 1997 ora. Non avrete forse la migliore annata in senso assoluto, ma il senso di appagamento e di felicità che avrete assaporando questo vino, vi possiamo garantire che è altissimo. Le suggestioni che avrete a livello olfattivo e gustativo, sono altissime e non bastano queste poche righe per elencarle tutte. Il susseguirsi delle sfumature odorose si rincorrono con incisività e dinamismo, bilanciando note di estrema maturità a note più citrine e vegetali. Timbro caldo del frutto, erbe aromatiche appena colte e con un finale aromatico che gioca sulla speziatura di vaniglia e pepe bianco. Al palato è un trionfo per schiettezza, volume e freschezza acido-sapida. Un po’ più soffuso il finale minerale rispetto alla 2008 degustata in precedenza, ma con una chiusura di una bellezza altrettanto straordinaria.
90/100 – Chablis Grand Cru Les Preuses La Chablisienne 2005 (ca. € 45,00 in enoteca)
Questa cooperativa è presente sul territorio dal 1923, comprende circa 300 viticoltori ed è responsabile del 25% della produzione totale dell’AOC. Les Preuses è uno dei sette grand cru della Yonne. Vigneto che da origine a vini che sono meno rigidi rispetto agli altri, con la caratteristica di essere più facilmente apprezzati da giovani. L’annata 2005 si presenta in maniera scintillante, dotato di un giallo paglierino con sfumature verdoline, predominanti sono all’olfattiva le note agrumate di lime e pompelmo, mentre spiccata è la mineralità riconducibile al profumo della pietra bagnata, fiori bianchi freschi e fragranti che anticipano un finale tendenzialmente dolce e con un tocco affumicato abbastanza inusuale. Potente nell’impatto gustativo, pilotato da una vena di freschezza esageratamente abbondante ma familiarmente tipica, così come è ottima la sapidità che si fa viva solamente sul finale, ovvero quando l’impronta dell’acidità inizia ad assopirsi. Interessante pure nell’articolazione che sfocia in una grande lunghezza. Un “giovane grande” Chablis che risulta essere proprio come ce lo aspettavamo, con quel marchio territoriale dal grande appeal.
88/100 – Sancerre Silex Cuvée Galinot Gitton 2008 (ca. € 35,00 in enoteca)
L’azienda nasce nel 1945 con Marcel Gitton alla guida di mezzo ettaro di vigneto. Oggi l’azienda è nelle mani del figlio Pascal che cura 27 ettari di vigneto estesi nei villaggi di Sancerre e Ménétréol. Ventidue di questi sono coltivati a Sauvignon e questo Sancerre è prodotto con uve provenienti dalle Vieilles Vignes piantate nel 1959, rispecchiando i caratteri rappresentativi del terroir di Silex, ovvero profonda mineralità e quella nota vegetale/erbacea dal tocco esotico, in questo caso accompagnate da quelle legate ad un legno ancora non integrato. Il naso è tuttavia elegante e variegato, poiché in chiusura emergono agrumi, sfumature floreali sicuramente ben scanditi in un’ottima successione temporale. Vibrante sul palato, si erge su tutto una dominante acidità che crea intensità e nervosismo ed un’esplosiva apertura. Buona anche la parte centrale della gustativa, dove la freschezza inizia ad unirsi con una vena sapida non indifferente, prima di incedere in chiusura. Veritiera espressione territoriale di una grande uva nel suo posto elettivo.
86/100 – Sancerre “Les Vendanges d’Hélène Fournier Père et Fils 2005 (ca. € 45,00 in enoteca)
Claude Fournier, propietario ed enologo dell’ azienda, rappresenta la decima generazione di questa famiglia, da sempre dedita a fare vino, considerata una delle aziende maggiormente considerata e rispettata all’interno della denominazione. Les Vendages d’Hélène è un vino ricavato da uve di Sauvignon provenienti da un vigneto di circa 30 ettari, impiantato 45 anni fa, con rese bassissime e una maturazione estrema dell’ uva. Nel bicchiere si presenta di una veste oro verde, con sentori di frutta a polpa gialla matura, caratterizzato una vena erbacea dove si riconosce l’asparago ed il cetriolo, solo in chiusura esce una nota minerale che risulta essere un po’ nascosta. Un esame olfattivo che rispecchia appieno la filosofia aziendale, insieme a quella di questo vino, dove un’estrema maturazione dell’uva porta a far emergere dei caratteri più evoluti e più esotici che si differenziano da altre espressioni di Sancerre. Anche al palato si mantiene sulla medesima linea, esprimendosi più in maniera larga che lunga. Ricco, polposo, moderatamente contenuto nella freschezza e più timido nel marcare la sua mineralità. Consigliato a chi ha la giusta predisposizione.
90/100 – Chateauneuf du Pape Blanc Château de Beaucastel 2009 (ca. € 85,00 in enoteca)
Una storia infinita che si perde nella notte dei tempi quella di Château de Beaucastel. Parlare di questa azienda significa per sommi capi raccontare quella di un’intera denominazione, unica interprete dell’AOC, dove sono tutt’oggi piantate tutte e tredici le varietà, che compongono l’originale “miscela” dei fantastici vini di Chateauneuf-du-Pape. Primo ad essere degustato è ovviamente il bianco, ottenuto principalmente da uve di Roussane e di Grenache blanc. Espressione cristallina della tipologia di suolo che caratterizzano i vigneti su cui sono piantati: i galets. Sono sassi di medie dimensioni dal colore bianco lucente e con un profilo tondeggiante, hanno la particolarità di immagazzinare il calore di giorno e di restituirlo alla vite di notte. Quello che ne deriva, è un vino di spessore, di grande forza e tensione nervosa, dal grande potenziale evolutivo, ma che sopratutto non trova paragoni in nessuna parte del mondo enologico. Olfatto ricco, pieno, tenace ma suadente, fatica un po’ ad aprirsi, ma presto si riconoscono note di acacia, mela cotogna e scorza di arancio. Con l’ossigenazione escono sfumature di anice e maraschino, prima di un finale di miele di castagno. Bocca di grande livello, semplicemente elegante e potente al tempo stesso. Se il naso ci era piaciuto molto, sul palato rivela una potenzialità inaspettata, piacevolmente definito nella beva, dove il calore è supportato dalla freschezza creando un armonia ed una saporosità che lo elevano sui binari di un alta qualità. Lungo e articolato. Da aspettare almeno per i prossimi quattro/cinque anni…..sempre che ci riusciate.
91/100 – Alsace Riesling Clos Windsbuhl Zind-Humbrecht 2005 (ca. € 55,00 in enoteca)
Il Clos Windsbhul è uno dei cru più alti di Alsazia. Anche se non è ufficialmente un Grand cru, la fama ed il prestigio acquisito nel corso degli anni, di certo non ha nulla da invidiare a tanti altri vigneti più blasonati sulla carta. Siamo ad Hunawihr ad un’altezza di circa 350 mt s.l.m. e con l’esposizione che è tutta rivolta a sud/sud-est. Il micro-clima che caratterizza questo vigneto, lo porta ad avere una forte attitudine delle uve ad essere vendemmiate tardivamente e con una propensione allo sviluppo della muffa nobile. Ecco perché i vini che se ne ricavano sono sempre generosi sul piano aromatico ed hanno sempre quella punta di «rôti». Anche quelli più secchi come nel caso di questo Riesling che non è, tecnicamente, una Vendanges Tardives. Già dal colore si può sapere tutto della sua natura. Giallo dorato carico, luminoso, scintillante. Le movenze del vino in seguito alla rotazione nel bicchiere sono di quelle lente, vengono disegnati archetti con cerchi che sembrano tracciati con il compasso. Ricco di estratto e di glicerina. Il naso è di quelli che non si scorda facilmente ed è capace di lasciarsi apprezzare da tutti. Sia per chi ama i vini ridondanti di sensazione e di profumi, sia per quelli più restii a questo genere di vini. Ammaliante per via di quel taglio aromatico tra l’esotico e l’erotico che diventa impossibile dargli il due di picche e rifiutarlo una volta che si presenta davanti a noi. Non aspettatevi il fascino longilineo e più asciutto di un Riesling della Mosella, ma coglietene il lato sinuoso e languido, da “curve morbide” per intenderci, quello dotato di qualche chilo in più. Al palato verrete subito coccolati e avvolti in un caldo abbraccio, fatto da una dolcezza intrinseca alla morbidezza, salvo poi farsi più brusco e asciugato con il passare dei secondi, dovuto ad una sapidità senza fine e che lo rende più secco sul finale. Chiusura superba per prestanza e determinazione dove, su una scala da uno a dieci, l’eleganza ed il carattere valgono undici.
85/100 – Pinot Gris Calcaire Zind-Humbrecht 2006 (ca. € 20,00 in enoteca)
Primo anno di produzione per questo vino chiamato “calcaire”, chiamato così per via dell’origine dei suoli e perché è il risultato dell’assemblaggio di uve Pinot Gris provenienti da due villaggi diversi, ma entrambi su suolo calcareo. Dal 2007 è fatto dalle sole uve provenienti dalle vigne più giovani del Clos Windsbuhl. Colore giallo oro antico, un po’ opaco nelle sfumature. Al naso presenta una decisa variabile evolutiva, con una nota abbastanza pronunciata che ci fa pensare alla presenza di uve attaccate dalla muffa nobile. Abbastanza ruffiano per certi versi il profilo di questo vino, anche se mantiene inalterato carattere e sostanza.
92/100 – Gewurztraminer Grand Cru Goldert Zind-Humbrecht 2004 (ca. € 60,00 in enoteca)
Olivier Zind-Humbrecht è tra i migliori interpreti mondiali quando si parla di questo nobile vitigno. Sono sempre vini sontuosi quelli ottenuti dal cru Goldert del comune di Gueberschwihr, più grassi e voluminosi di quelli invece ottenuti dall’Hengst di Wintzenheim che sono tuttavia più snelli e longilinei. Il colore è un giallo dorato profondo e luminoso. Naso infinito nelle sue espressioni olfattive, dalla polpa di frutta gialla a quella esotica come il mango ed il litchi. Miele di castagno e corredo speziato di grande raffinatezza, mentre il finale ricorda la crema pasticcera. Imperioso e voluttuoso anche al palato, lo spessore e la grassezza del vino sono in piacevole armonia con l’alcolicità e l’acidità, rendendolo estremamente piacevole e pulito. La dolcezza intrinseca del vino tende ad essere accentuata all’inizio, salvo poi farsi più sottile sul finale, chiudendo in un finale che rimane asciutto e con la sapidità a fare da contrappunto. Articolazione infinita.
I Vini Rossi:
84/100 – Marsannay Jean Trapet 2009 (ca. € 30,00 in enoteca)
Il vino d’esordio nella batteria dei vini rossi. Gli abbiamo dato 84 punti ma meritava 110/100 a volerlo misurare sul piano della bevibilità. Il Domaine Trapet si trova a Gevrey Chambertin e da sempre fonda la loro filosofia produttiva sulla viticoltura biodinamica. Vini precisi, dettagliati a livello aromatico e dall’approccio diretto, dalla chiave di lettura legata alla territorialità, infatti i loro profili olfattivi profumano di terra e humus. Questo Marsannay, dicevamo, è un Village apprezzabile e godibilissimo, proviene da un paese che non possiede vigneti Premier e Grand cru ma non per questo i vini mancano di profondità. Si esprime attraverso il fascino di una succosa ciliegia matura e da un tocco di speziatura piccante. Al palato si mostra nella sua linearità con la freschezza in primo piano. Non lunghissimo ma voglioso di dare piacevolezza.
88/100 – Aloxe-Corton Premier Cru Les Vercots Tollot-Beaut 2006 (ca. € 45,00 in enoteca)
Che bello questo Pinot Noir della Côte de Beaune. Vigneto che si trova ai piedi della Montagne de Corton, proprio sotto alla fascia collinare dei Grand Cru, sul confine con il villaggio di Pernand-Vergelesses. Non abbiamo timore ad asserire che in passato non abbiamo mai avuto particolare feeling con lo stile dei vini di questo Domaine, poiché si privilegiava una filosofia più giocata sulla concentrazione e sulla potenza, cosa che non cerchiamo particolarmente in un vino della Borgogna. Crediamo che il punto di svolta sia arrivato finalmente con la grande annata 2002, dove a nostro parere sembra che sia avvenuta una cura dimagrante e che il loro guardaroba si sia arricchito di vestiti più eleganti. Tornando a questo vino possiamo raccontare che ci è piaciuto molto il rigore della ricchezza aromatica mostrando un frutto pulito, nitido e dal grande fascino. Incalzano subito le note speziate che donano quel pizzico di alone evolutivo che non guasta. Al palato colpisce in maniera positiva, una trama tannica decisa e avvolgente capace di ricamare addosso uno spessore che conferma quanto percepito al naso. Chiusura precisa e di buona lunghezza.
92/100 – Pommard Premier Cru Combes Dessus Marquis d’Angerville 2005 (ca. € 65,00 in enoteca)
Restiamo nella Côte de Beaune e ci spostiamo nel prestigioso villaggio di Pommard. Quello che stiamo per assaggiare è un Pommard dalla grandissima classe, prodotto da un Domaine le cui radici affondano già nel lontano 1507, con scritti che ne attestano la loro presenza in quel di Volnay e dove, in questo villaggio, possiedono la maggiore estensione viticola aziendale. Alla guida abbiamo il discendente Guillaume, il quale ha preso le redini nel 2003. Vini sempre precisi, di grande stoffa, dal carattere forte ma suadente allo stesso tempo. Adatti proprio per chi è alla ricerca della grande eleganza che sanno regalare i Volnay ed i Pommard. L’annata del Pommard Combes Dessus è la 2005 e si esprime attraverso un frutto dal taglio graffiante ed incisivo, dal colore rubino compatto e profondo. Con l’ossigenazione tendono ad uscire i tratti più soavi, però sempre mostrando carattere e personalità. Mirtillo maturo, resina, liquirizia, violetta e pepe in grani sono alcune delle sfumature che danno vita ad un profilo olfattivo ancora alla ricerca del suo apice e che potrà regalare molto di più sul piano emotivo con gli anni a venire. Tutta quella eleganza e finezza di cui parlavamo prima, la esprime piuttosto al palato in questo momento, attraverso la stoffa del grande vino e ricamata da tannini graffianti, minuti, puntigliosi, ma mai scomodanti. Il finale è tutto da godere.
93/100 – Corton-Bressandes Grand Cru Antonin Guyon 2005 (ca. € 70,00 in enoteca)
Storia relativamente giovane quella che interessa da vicino questo Domaine. Negli anni ’60 Antonin Guyon incomincia ad acquistare parcelle in giro per la Côte d’Or, seguito poi dal figlio Dominique nel 1970, tutt’oggi alla conduzione aziendale. La chiave di lettura dello stile di questo Domaine lo si percepisce in ogni vino, dove si privilegia la classicità ed il modo di esprimersi in maniera graduale e abbastanza tenebrosa. Non sono vini di impatto e bisogna essere pazienti nell’aspettarli. Qui parliamo sempre di Pinot Noir della Côte de Beaune ed il Corton Bressandes è un Grand cru che si estende sul versante est della Montagne de Corton a nord del comune di Aloxe-Corton. Il colore di questo vino è profondo e ricco, un po’ cupo nelle rifrazioni luminose, capace di far intuire un approccio più taciturno e accigliato. All’olfatto, infatti, rimane per molto tempo “sulle sue” e ci vuole tempo prima che lo stesso si lasci concedere. Il frutto è pertanto succoso, caldo e carnoso dove si fanno spazio sentori di ribes, mora e prugna. Piacevole mix tra forza ed eleganza ed una chiusura che sa di humus e che sembra di sentire respirare la terra dove è nato. Palato che si esprime in tutta la sua bellezza, suadente e avvolgente, con una trama tannica al top dell’espressività, traducibile nell’incisività in cui si presenta, nella sfericità della permanenza e nell’armonia del suo congedo.
88/100 – Gevrey-Chambertin Denis Mortet 2008 (ca. € 70,00 in enoteca)
Siamo particolarmente legati ai vini di questa azienda, non solo per la bontà dei loro vini, ma per la storia che interessa la vita, seppur breve, di Denis Mortet. Nel 1978 Denis muove i primi passi nell’azienda del padre Charles, quest’ultimo partito nel 1956 con un solo ettaro di vigna e con la produzione che andava tutta al Négoce. Il Domaine così come lo conosciamo noi oggi nasce invece nel 1993. Partito dai 4,5 ettari acquisiti allora, fino a crescere parcella dopo parcella, arrivando agli attuali 11 ettari. Denis era un grandissimo personaggio, ma dall’animo sempre turbato, tanto da spingersi fino al terribile gesto di togliersi la vita, nel 2006 a soli 50 anni. Ora in azienda abbiamo Arnaud, il figlio di Denis, a seguire le orme del padre, insieme alla mamma Laurence. Quello che abbiamo nel bicchiere dunque, è già un vino prodotto interamente da Arnaud e Laurence, ma lo stile è quello inconfondibile di Denis, giocato molto sulla materia, sull’estrazione, con quel loro modo di esprimersi con concentrazione ed eleganza, senza mai finire nell’aspetto grossolano e piacione. Un frutto che si esprime nella polposità della ciliegia succosa, nel mirtillo maturo, nel lampone appena raccolto, mentre sotto l’aspetto floreale c’è una violetta di campo che spicca, sul finale le note speziate si esprimono in un bellissimo alternarsi tra quelle dolci e quelle piccanti. Un Village che può ancora crescere sotto l’aspetto dell’articolazione e lo si capisce anche quando lo si porta al palato. Tannini marcati su uno spessore che è pura seta. Ecco la chiave di lettura dei vini di Mortet: dinamicità e grinta, su vestiti di puro velluto.
88/20 – Gevrey-Chambertin “Coeur de Roy” Dugat-Py 2006 (ca. € 120,00 in enoteca)
Anche quella di Bernard Dugat-Py è una storia di un viticoltore discendente da una famiglia abituata a vendere tutta la produzione alle Maison de Négoce. Bernard si rese conto che era arrivata l’ora di compiere il grande passo della vinificazione e dell’imbottigliamento in proprio. Tredicesima generazione di una famiglia che affonda le sue radici nel lontano 1645. I suoi primi imbottigliamenti sono del 1989 e fin da subito si percepisce quello che è la sua filosofia ed il suo modo di “pensare” il vino, riconoscibili attraverso uno stile giocato sempre sullo spessore, sulla materia e sulla concentrazione. Tuttavia, a nostro modo di vedere, non raggiunge però le stesse vette qualitative, in quanto ad eleganza, di quelle che possiamo trovare ad esempio nei vini di Denis Mortet. Piacciono sicuramente a tutti quelli che cercano immediatezza e impatto diretto nei vini di Borgogna. Il suo Gevrey-Chambertin Cœur de Roy 2006 ha un colore rubino profondo, impenetrabile, dalle tonalità violacee. Al naso si esprime attraverso un carattere balsamico e di legno di cedro che fanno da ricamo ad un frutto dolce che richiamano i piccoli frutti rossi in piena maturazione. Bocca che segue gli stessi binari di quelli riscontrati al naso con una scia che riporta le medesime sfumature. Ma quello che gli va tuttavia riconosciuto è che, rispetto a molte versioni del passato, ha guadagnato sicuramente nell’eleganza della trama tannica, sempre decisa, ma molto più minuta e fine.
92/100 – Chateauneuf du Pape Rouge Château de Beaucastel 2009 (ca. € 85,00 in enoteca)
La storia dei grandi vini rossi di Francia non passa solamente da Bordeaux o dalla Borgogna, ma anche il Rodano ha dato il suo notevole contributo. Quelli prodotti da Beaucastel sono vini imperiosi, ricchi di storia e di fascino ed hanno contribuito a scrivere la storia enologica che ha varcato i confini dell’Exagone da molti decenni. Gli Hommage à Jacques Perrin, prodotti solo nei più grandi millesimi, sono vini che non hanno nulla da invidiare a Romanée Conti, Pétrus e compagnia. Le prime “tracce” di Beaucastel risalgono al 1549. Nel 1909 c’è da registrare l’acquisto del Domaine da parte di Pierre Tramier, il quale lascerà la proprietà al suo genero Pierre Perrin e da quel momento la storia di questa azienda è sempre legata a quella della famiglia Perrin. Quello che abbiamo nel bicchiere è lo Chateauneuf-du-Pape rouge che viene ricordato, non solo per la qualità intrinseca del vino, ma anche perché è l’unico a includere tutte e tredici le varietà ammesse dal disciplinare. Le percentuali più grosse spettano comunque a Grenache e Mourvèdre e quella targata 2009 è di grande espressività e dalle ottime prospettive di invecchiamento. Il colore è di quelli fitti, profondi, carichi di sostanza, ma estremamente luminosi. Il profilo olfattivo racchiude tutto lo stile Beaucastel, uno stile terroso, di humus, di sottobosco e di una grande carica balsamica che porta notevole freschezza al frutto. Al palato è un vino come sempre vibrante, energico, dove spicca una trama tannica determinata e autoritaria, accompagna sul finale una nuance di grafite, prima di lasciarsi soccombere dalla sua lunga articolazione.
Alessandro Sarzi-Amadé
I Vini dolci:
93/100 – Pinot Gris Vend. Tard. Clos Jebsal Zind-Humbrecht 2004 (ca. € 65,00 in enoteca)
Ritorniamo a far visita alla prestigiosa cantina di Turckheim e questa volta parliamo di una delle loro, sempre meravigliose, Vendange Tardive. Il Clos Jebsal è un cru situato nel comune dove ha sede la cantina stessa e non ha nulla da invidiare agli altri bellissimi possedimenti aziendali che si trovano ad esempio nella Rangen de Thann. Il microclima che troviamo a Jebsal è favorevole per lo sviluppo della Botrytis Cinerea, detta anche muffa nobile, capace di regalare ai vini quelle sfumature uniche che trovano il giusto mix con quelle aromatiche dei vitigni alsaziani. Una veste giallo dorata luminosa e brillante nelle rifrazioni delle tonalità. Al naso è un tripudio di sensazioni che donano una complessità disarmante. Quelle botritizzate non vanno a sovrastare ma creano un legame equilibrato con il frutto. Sensazioni di albicocca disidratata, pesca gialla sciroppata, ananas in confettura, litchis, miele d’acacia, sono solo alcune delle sfumature che regala questo vino. Più passa il tempo nel bicchiere e più abbiamo un coinvolgimento dei sensi che ci ipnotizza, tanto che facciamo fatica a staccarci dal bicchiere. Al palato abbiamo subito una dolcezza imperiosa, avvolgenza, spessore, suadenza, salvo poi allungarsi e chiudere con un finale secco, dove esce fuori tutto il carattere sapido e minerale del vino. Il finale è di quelli indimenticabili. L’ennesimo capolavoro firmato Olivier Zind-Humbrecht che conferma la sua presenza nell’élite dei più bravi produttori di vino al Mondo.
94/100 – Rivesaltes Chateau Las Collas 1959 (ca. € 45,00 la 0,500 lt. in enoteca)
Rivesaltes è una cittadina che si trova nei Pirenei Orientali, nel Languedoc-Roussillon. Sono dei vini fortificati di grande longevità, prodotti dalle tre varietà di uve Grenache. Molto più delicati ed intriganti di molti Banyuls, i Rivesaltes sono quei vini che messi a tavola possono offrirsi per soddisfare più situazioni. Sono molte le persone che li apprezzano, ad esempio, come aperitivo, mentre per gli abbinamenti si può uscire dai soliti canoni che lo legano al cioccolato. Stupendo su dei formaggi stagionati, saporiti e piccanti, oppure con deliziose torte dove si prevede l’utilizzo della frutta secca. Può anche chiudere un pasto se si vuole semplicemente concludere una serata chiacchierando con amici, se vogliamo renderla indimenticabile. Nei nostri cristalli abbiamo un 1959 in splendida forma, con una veste brillante color mogano. Al naso abbiamo delle sfumature di fichi secchi e funghi porcini che ricordano uno Sherry Pedro Ximenez, ma anche note di mandorle tostate e di radice di liquirizia che si avvicinano invece ad uno Sherry Oloroso. Bagaglio aromatico che prende corpo, forma e si amplifica con il passare dei minuti e tutto questo lo ritroviamo poi al palato. Velluto fatto vino con un piacevole alternarsi di sfumature dolci e secche che lo rendono ancora più intrigante. Sontuoso.
Una degustazione memorabile.
Recapiti:
Sarzi Amadè
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